Lampedusa e Linosa, geograficamente, sono certamente le più estreme fra le piccole isole italiane. Lampedusa è la più lontana da tutto, la più arida – mi ha sempre fatto pensare a un pezzo di deserto piatto staccatosi dall’Africa – e, negli ultimi venti anni almeno, la più tartassata fraintesa usata.
Che Lampedusa fosse tutto questo lo sapevo. Ma che avrei trovato le persone giuste per raccontarmelo era meno scontato. Anzi, ammetto che sentivo tanta pressione addosso perché temevo di non riuscire a stanarle in così poco tempo.
E invece. Ho guardato dentro occhi agguerriti e profondissimi e ho conosciuto persone con una forza eroica e un grandissimo talento.
Simone è un lampedusano che da tanti anni ormai è proprietario (ora coproprietario) del Pelagos Diving Center Lampedusa. Un uomo con lunghi capelli al vento che vive per il mare, tanto con le bombole quanto in barca a vela (mi ricorda qualcuno…). Abbiamo parlato di come sia cambiata Lampedusa sott’acqua, di come si sia svuotata quella che era considerata La Mecca della pesca nel Mediterraneo. Da bambino ero venuto qui due volte, più di vent’anni fa, con mio padre e mio zio, a pescare, Lampedusa era Il Mito. E invece anche qui, pur rimanendo un mare splendido, lo svuotamento è palese. L’inquinamento ma soprattutto una pesca incondizionata, senza pensare al futuro, ingorda, dei lampedusani quanto dei pescatori giapponesi, spagnoli, siciliani, tunisini, che razzolano via tutto sono certamente le cause principali. Simone, grazie per la schiettezza, la disponibilità, i racconti a telecamere spente, grazie…
Giacomo, invece, è indefinibile. Grande barba nera e capelli ricci, con la sua poliedrica associazione Askavusa Lampedusa aiuta i lavoratori a difendere i propri diritti così come fa rivivere la tradizione siciliana dell’Opera dei Pupi e del Cuntu (lo vedrò in scena a Linosa sabato!). Dipinge, suona, crea strumenti musicali, e ha interamente decorato la sede dell’associazione con pezzi delle barche dei migranti e con oggetti trovati dentro raccolti illegalmente (“e fiero di averlo fatto illegalmente in una società in cui la legalità è ormai spessissimo criminale”) dalla discarica dove lo stato distrugge queste barche. Entrando nel tuo posto, Giacomo, l’impatto è bestiale. Si tocca con mano Lampedusa…
Poi la vulcanica Jazira Caterina. Una meravigliosa pazza! Anche nel suo caso, entrando nella sala della sua associazione IL Giglio Marino si è investiti da un’ondata di umanità che inebria e stona. Caterina lavora come psicologa al Centro d’Accoglienza di Lampedusa, quotidianamente cerca di aiutare chi sbarca, grandi e piccini. E queste persone le regalano disegni, quando non partecipano a delle creazioni comuni che le aiutano a rielaborare e trasformare il dolore per poter sopravvivere. Grazie a Caterina i bambini lampedusani hanno imparato a conoscere e riconoscere i migranti como loro simili, diritti violati per gli uni e per gli altri, fratelli. Lampedusa è terra di eroi e, fra qualche anno, le sue nuove generazioni avranno un grande passo avanti rispetto ai coetanei italiani.
E infine Filippo, un coetano mio che si schiera in politica con idee realmente nuove, giovani, senza compromessi, e ci crede, ci crede veramente. Fra le mille concretissime iniziative, lui e i suoi amici hanno creato la Porta d’Europa, monumento ai morti del Canale di Sicilia nel punto quasi più a Sud d’Italia, hanno dato vita a una seguitissima radio locale!, e vorrebbero finalmente che Lampedusa cambi, che la sanità funzioni, che si usino energie rinnovabili invece di una centrale elettrica a gasolio come quelle che ancora oggi, ahimè, alimentano la maggior parte delle isole. Non credevo che esistessero ancora dei politici sani. A Lampedusa ho cambiato idea.
Questo e molto altro in uno scoglio così piccolo, desertico ed estremo. Che Italia assurdamente ricca si cela dietro la facciata turistica, da cartolina, dei posti più sperduti…
Si riparte per Linosa, una manciata di miglia e un’isola, ancora, diversissima.
Pubblicato il: 18.Lug.2018 Lascia un commento